Condividiamo l’accorato appello-proposta di una mamma sul boom di diagnosi di iperattività e disturbi dell’apprendimento.
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Il testo integrale dell’appello-proposta di S.B.
«Sono una mamma che da poco ha vissuto l’inizio della scuola elementare e la conseguente difficoltà di un figlio che non si conforma ai canoni.
Un percorso di pressioni e accuse da parte delle insegnanti che si trovano in difficoltà nello svolgimento del programma e di sofferenza e conflitto interiore per tutta la famiglia, che alla fine si trova a dover certificare un bambino fino a quel momento”normale” e a richiedere il sostegno.
Conflitto interiore perché?
Perché ci si chiede se è il bambino a non farcela o se è forse è la scuola a non provarci neanche e quale sia l’utilità di una figura di sostegno, quasi mai preparata, per tappare i buchi.
Inoltre, se è la scuola a dover creare una società funzionale per il futuro, che senso ha incaricare una persona di seguire il bambino se poi, nella vita, dovrà cavarsela da solo in un ambiente che comunque non accoglie la diversità?
Certo, il sostegno è sulla classe, certo, l’obiettivo è l’autonomia, ma non c’è invece bisogno di costruire una società resiliente che sia in grado di trasformarsi per accogliere?
Perché sempre più sarà necessario farlo, visti anche gli studenti stranieri sempre più numerosi.
Insomma, poiché il numero dei bambini con disturbi dell’apprendimento ed iperattività è sempre maggiore, tanto da averne quasi uno per classe, che senso ha considerarli sbagliati?
La richiesta del sostegno da parte della famiglia comunica comunque questo pericoloso messaggio:
Il bambino non va bene.
Senz’altro riconoscere uno specifico problema, dare un nome ad una difficoltà aiuta a trovare strategie e soluzioni, ma il sistema attuale alimentare la separazione dell’individuo dagli altri e il suo senso di inferiorità in un contesto che in qualche modo si impermeabilizza a questa diversità.
Mi chiedo dunque se un capovolgimento della situazione non gioverebbe a tutti…
Perché, dunque, il sostegno non potrebbe essere richiesto dalla scuola?
Cosa significa?
È evidente che il sistema scolastico fa acqua da tutte le parti e non si sa da che parte cominciare per migliorare.
Credo che dare la possibilità alle singole classi/scuole di chiedere un sostegno, sulla difficoltà nel gestire le diversità delle classi, porterebbe a un grande cambiamento.
Si eviterebbe in primis l’additamento e la patologizzazione di bambini solo per avere un aiuto in classe (con conseguente risparmio del Sistema sanitario).
Si darebbe la possibilità alla classe di trasformarsi in funzione della diversità che deve accogliere, formando adulti resilienti ed elastici.
Si risolverebbero anche i disagi dei bambini che “non disturbano”, ma che comunque a scuola soffrono il sistema competitivo e troppo valutativo.
Mettendo insieme figure professionali che al momento lavorano in modo disomogeneo sui singoli problemi, si creerebbe un punto di riferimento attendibile e sicuro, in grado di fornire strategie, creando un movimento organico e positivo nella classe, in cui veramente la diversità si fa risorsa.
Il sostegno alla scuola avrebbe molti più strumenti di un sostegno al bambino: oltre a meno persone, ma più preparate sulla classe (e non sulla singola problematica, succede sempre più spesso di avere in classe numerosi sostegni), si potrebbe usufruire di corsi di formazione ad hoc, di strumenti didattici, etc.
Naturalmente il tutto alleggerirebbe i rapporti con la famiglia, che si troverà comunque coinvolta nel progetto, ma senza sentirsi additata e colpevole di “creare un problema”.
Perché non elaborare un progetto che potrebbe modificare profondamente l’assetto del Sistema scolastico, mettendo il benessere bambino al centro (ora, lo sappiamo, al centro c’è un programma)?
Mi chiedo addirittura se sia possibile far agire in sinergia diverse realtà e avanzare una proposta di legge».
Ci auguriamo che le parole di questa mamma possano aprire un dibattito; per tutelare la privacy, invitiamo chiunque volesse aprire un confronto su questo a scrivere a “Tutta un’altra scuola” alla mail tuttaunaltrascuola@terranuova.it; inoltreremo la corrispondenza anche all’autrice di questo appello-proposta e insieme si potranno valutare le possibilità di lavorare su questo delicato tema.
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Pubblichiamo il commento all’intervento di S.B., ricevuto da Paola Matarazzo
Una volta mi sembra che fossero gli insegnanti a segnalare i bambini che volevano inviare alle classi differenziali, ora ho scoperto che sono i genitori che ‘spontaneamente’ devono chiedere il sostegno per i figli; le azioni cambiano, ma la sostanza della scuola resta la stessa.
Come mai un’istituzione che dovrebbe essere a servizio dei bambini pretende da loro cose che non si chiedono neanche ai ventenni (all’università ci sono 15 minuti di pausa ogni 45 di lezione)? L’istituzione che chiamiamo scuola si è sviluppata nel ‘600 per socializzare i figli delle classi popolari in società che erano monarchie assolute; è stata sviluppata da persone che cercavano di cuore di fare del loro meglio, ma che ignoravano quali fossero le possibilità e le esigenze dei bambini, non avevano il supporto delle conoscenze di sociologia, psicologia, neuroscienze, … e avevano come fine un tipo di società (monarchia assoluta con una rigida divisione in classi) che noi ora non vogliamo. In quegli anni sono nati anche gli ospedali, le carceri e i manicomi, ma gli ospedali contemporanei non sono quelli del ‘600, nessuno si sognerebbe di amministrare la giustizia in quel modo e i manicomi sono stati chiusi; come mai a scuola si rischia di continuare a pretendere immobilità dei corpi, attenzione prolungata, silenzio assoluto, … come secoli fa?
Perché abbiamo costruito una società che esclude sistematicamente una parte dei suoi membri? Separare ed escludere, mi pare sia stata una pratica abbastanza comune nell’Europa dal ‘600 in poi (sono nati i manicomi, periodicamente si è cercato di rinchiudere i poveri; più recentemente con l’introduzione dell’obbligo scolastico sono comparse classi differenziali e scuole differenziali). Quando sono nata io, i padri venivano esclusi dalle sale parto e i neonati venivano subito separati dalla mamma. Le cose ora negli ospedali sono cambiate, ma ogni ospedale ha fatto un suo cammino, le scelte sono state ponderate e dibattute, ognuno ha potuto formarsi. Il mondo della scuola ha giustamente abolito le classi differenziali, ma è stata una imposizione dall’alto, per chi la voleva con forza e per chi non la capiva, le scuole non sono state libere di fare un cammino, di discutere, di formarsi adeguatamente prima di affrontare il cambiamento. Siamo sicuri che sia sempre la cosa migliore imporre un cambiamento, per quanti giusto, a tutti? Ora, dopo decenni, ci troviamo con insegnanti e scuole intere che quel cambiamento non l’hanno digerito, non lo capiscono, non lo vogliono applicare e forse rimpiangono il passato.
Da quando i bambini sono stati quasi completamente esclusi dal modo degli adulti, l’insegnamento è l’unica professione alla quale tutti i bambini sono esposti per letteralmente migliaia di ore. Quando un’aspirante insegnante si iscrive all’università probabilmente ha già introiettato in maniera fortissima molti aspetti della professione; come chi è nato in Italia da genitori italiani, non mette in discussione soffiarsi il naso, mangiare con le posate, … così che ha frequentato la scuola occidentale standard non mette in discussione, l’immobilità del corpo degli studenti, la necessità di assegnare a tutti gli stessi esercizi …; la struttura fisica della classe e la burocrazia scolastica contribuiscono ad ostacolare i cambiamenti. Come fare per aiutare insegnanti in formazione e docenti in attività a riflettere sui limiti dell’esperienza scolastica attuale, favorire il confronto sulle alternative, far si che possano provare a cambiare sentendosi a proprio agio nei cambiamenti, sapendosi appoggiati e supportati?
Nell’intervento di S.B. c’è una proposta interessante, ma non sono sicura di come interpretarla. Se la proposta va intesa come l’invito a creare un’associazione (onlus, cooperativa o altro) che possa fornire sostegno agli insegnanti e alle scuole che lo chiedono, organizzare corsi di formazione per insegnanti, seminari per studenti … la proposta è bella ed estremamente impegnativa, richiederà tempo, energie e risorse crescerà lentamente ma col tempo può dare un contributo prezioso allo sviluppo dell’educazione in Italia.
Se la proposta va interpretata come: chiedere al ministero e alla burocrazia statale di effettuare il cambiamento, sono travolta dai dubbi: il personale della burocrazia di stato è ‘sedotto dalla tradizione. Conservatore per istinto e tradizione’, chiedergli di agire per un cambiamento che non sente necessario è chiedergli di andare contro la sua natura; ce la farà?
Se tutto quello che il ministero riesce a percepire è una generica richiesta ad intervenire sulle classi o sulle scuole per aiutarle a gestire le difficoltà, potrebbe scegliere la scorciatoia di investire un po’ di risorse per finanziare delle soluzioni che all’estero vanno di moda. Mi spiego meglio: praticamente tutti i sistemi scolastici del pianeta fanno acqua da tutte le parti, e il pensiero di risolvere i problemi di comportamento o di apprendimento a livello di classe/scuola è già stato fatto, ci sono multinazionali del settore che hanno soluzioni brevettate pronte all’uso. Lo so che può sembrare un incubo distopico, e che mi darete della cassandra ma chi garantisce che se i bambini hanno difficoltà a comportarsi esattamente come prescrivo norme seicentesche non si cerchi la soluzione magica implementando ClassDojo o facendo tradurre e distribuire Teach Like a Champion con relativi corsi di formazione o, se ci sono bambini che non riescono a ‘tenere il ritmo’ della classe, si costringa tutti alla direct instruction .
Burocrazia statale a parte, mettere assieme figure professionali diverse (con le tecniche di reclutamento della pubblica amministrazione) non porta automaticamente alla creazione di gruppi di lavoro affiatati e collaborativi; scuole psicologiche diverse hanno sviluppato tecniche di intervento estremamente diversificate, tutte sembrano molto efficaci nel breve periodo, ma …
Ormai non ci si può più limitare a criticare la situazione senza agire, ma come avrete capito nutro una diffidenza patologica verso le soluzioni ‘calate dall’alto’ e una utopistica fiducia per le soluzioni che crescono dal basso. I docenti sono parte del problema, ma devono anche essere parte della soluzione; lo so che sembra un compito enorme, ma le risorse sono tante: montessoriani e steineriani hanno un’esperienza secolare di formazione dei docenti, ‘senza zaino’ ha esperienza di percorsi di cambiamento in decine di scuole in tutta Italia …