«Non togliamo il mondo ai bambini; le conseguenze saranno devastanti»: il documento di un gruppo di insegnanti steineriane.
«La scuola è incontro, contatto, prossimità, esperienza dell’altro, del suo volto, della sua voce e del suo corpo; questi sono gli strumenti primari che occorrono per imparare il mondo. Alla scuola può essere tolto tutto, ma non l’Uomo»: queste, tra le altre, le riflessioni contenute in un documento accorato, un lavoro rigoroso e appassionato redatto da quattro insegnanti delle Scuole Steiner Waldorf di diverse parti d’Italia: Ombretta Barbieri, Federica Testa, Silvana Minari e Naama Passamani.
La loro è stata un’analisi che ha visto la collaborazione e l’apporto di genitori ed educatori nonché lo studio approfondito di autori importanti; un’analisi che si è concentrata sull’impatto che l’utilizzo delle mascherine a copertura del volto e il distanziamento hanno avuto, hanno e avranno sui bambini.
Pesano come macigni alcuni degli interrogativi che si sono poste:
«Espropriare il bambino del diritto al paesaggio del volto dell’adulto che parla, la cui voce sorge dalle labbra e viaggia fino a lui, quali risonanze sviluppa in termini di acquisizione del linguaggio e della sua stessa interazione con il mondo?».
«E chi diviene il maestro per la comunità dei bambini se il dispositivo di sicurezza non gli consente di interagire in maniera differenziata e personalizzata con ciascuno di loro? Se il piccolino non ha la possibilità di seguire le labbra durante una filastrocca ma ascolta un voce attutita da una barriera, falsata ? Se il più grande non può incontrare la determinazione di una espressione che non può ridursi solo agli occhi, che vivono e risplendono nell’economia del contesto di tutto il volto?».
E ancora:
«Se si introduce l’attitudine al distanziamento come protezione di sé e degli altri, se si promuove la prevenzione al contatto
umano, si inocula nel destino del mondo un principio perverso di cui non possiamo immaginare gli esiti su un piano morale, sociale e di formazione dell’individuo. L’altro, attraverso il quale un tempo si fece strada l’Idea di infinito (Levinas), diventa così una minaccia da distanziare, un essere anonimo di cui diffidare, che mi risulta come indistinto ed inafferrabile pericolo; e con esso il mio stesso sé può arrivare a sfuggirmi o infrangersi proprio nel momento in cui la relazione educativa dovrebbe contribuire ad una graduale costruzione di senso che accompagna il conseguimento delle diverse tappe pedagogiche.
Quale responsabilità si assume il maestro che accetta questo compromesso in nome della sicurezza sanitaria? Cosa sacrifica di sé e del suo compito e su quale altare offre questo sacrificio? Quali sono le ricadute su di un piano etico e nei termini di una già indebolita coscienza da parte degli educatori nei confronti del proprio compito e della propria responsabilità?».
«Se il bambino non viene messo nella condizione di percepire in modo vero il mondo intorno a sé, non sarà in grado da adulto di traguardare il suo vero compito evolutivo che è quello di mettersi con il proprio io in un libero incontro con l’io altrui. Non verrà educato alla libertà».
«È necessario comprendere quali siano le priorità di una comunità che si fonda su principi democratici e che si rifletta su quali siano gli effetti complessivi delle misure che si intendono adottare, nel breve e lungo termine per non rischiare di produrre effetti, se possibile, peggiori della stessa pandemia; misure che se dovessero essere attuate, così come si evince dall’attuale dibattito pubblico e dalle normative emergenti, trasformerebbero le realtà educative che si occupano di bambini nella fascia d’età 0/6 anni in luoghi di contenzione e sorveglianza, funzionali esclusivamente alla efficienza del sistema produttivo, nell’offrire ai genitori che lavorano un luogo dove lasciare i bambini. In questo caso riteniamo sia più corretto non chiamare scuola quello che risulta dalle misure che si stanno delineando, ma trovare un termine più onesto e veritiero in modo da non introdurre nella scuola stessa principi che le sono alieni».