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«Dad, nozionismo perdente»

Pubblicato il 18 maggio 2020 0

Dad ed emergenza? Nulla a che vedere con l’homescooling. L’intervento di Elena Piffero, ricercatrice e autrice del libro “Io imparo da solo”.

Qui di seguito l’intervento di Elena Piffero.

«”Hai visto? L’homeschooling è diventato di moda!”: è ciò che mi sono sentita dire spesso in questo periodo di chiusura delle scuole. 

Chi non frequenta la scuola è abituato a trascorrere le giornate insieme ai genitori, pur mantenendo una certa autonomia. L’emergenza Covid ha di fatto costretto tutte le famiglie (anche quelle che prima stavano perlopiù separate, i genitori al lavoro e i figli a scuola) a vivere insieme e quando non ci si è abituati non è sempre facile.

Quello che le famiglie stanno sperimentando però non ha niente a che vedere con l’homeschooling.

In risposta all’impossibilità di frequentare la scuola, la Didattica a Distanza ha rappresentato un tentativo di continuare con la scolarizzazione “standard” in un contesto domestico, con un ricorso massiccio alle lezioni online. Gli insegnanti si sono dovuti adeguare al ruolo di produttori di contenuti da veicolare via internet: è stato così persino per gli educatori delle scuole materne e dei nidi, come se a quelle età fossero i contenuti la cosa più importante, e non il gioco, l’interazione e la socialità.

I genitori, già alle prese con una situazione di stress psicologico a causa della preoccupazione per il virus (magari con parenti colpiti o lutti da rielaborare) e per la situazione lavorativa, sono stati investiti della responsabilità, volenti o nolenti, di assicurare il rispetto dell’ordine e delle regole scolastiche a casa: la frequenza delle lezioni, la comprensione dei contenuti, i compiti. Con l’evidente aggravante della disparità socioeconomica e della difficoltà di chi non disponeva di una connessione internet affidabile e di un computer a casa, oppure di chi ha dovuto condividerlo con più di un figlio e con le proprie necessità lavorative da remoto.

Per non parlare degli spazi, che in tanti appartamenti non sempre garantiscono la tranquillità necessaria per potersi concentrare sui propri compiti. Un acuirsi delle disuguaglianze, e un aumento notevole dei potenziali elementi di stress, il tutto in un contesto collettivo già emotivamente devastante.

I bambini ne hanno indubbiamente risentito: lontani dei compagni, dalle occhiate complici, dalle interazioni magari fugaci che però rappresentano il lato più bello della scuola, hanno visto un’impennata del tempo trascorso davanti allo schermo e una parallela riduzione della loro capacità di concentrarsi. In definitiva, la scuola è stata spogliata della dimensione relazionale, sociale ed esperienziale e trasformata in un nozionificio con somministrazione via tecnologia digitale. Non solo; le lezioni dal salotto hanno comportato anche un’invasione di campo dell’ambiente famigliare e una trasformazione dei genitori in tutor.

Lo studio “Giovani e Quarantena” promosso dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyperbullismo) rivela che il 54% dei 9000 alunni intervistati (fascia 11-20 anni) giudica questa modalità faticosa e poco efficace: nella fascia 6-11 è ragionevole aspettarsi che non sia andata meglio, anzi.

Siamo in emergenza, abbiamo fatto i conti con circostanze inaspettate, questo è meglio di niente, viene risposto. Eppure non doveva necessariamente andare così: non era e non è l’unica via, l’unica opzione.

La chiusura forzata delle scuole potrebbe essere (stata) un’opportunità d’oro per aprire un dialogo con la realtà degli homeschoolers e degli unschoolers: ora che a scuola non si può andare con le modalità di prima, sarebbe interessante andare a vedere come e cosa imparano i bambini che a scuola non ci sono mai andati. Quali sono le caratteristiche del loro apprendimento, come si sviluppa, di cosa ha bisogno e quindi come si può ripensare il ruolo degli educatori, delle maestre e dei professori (ma anche dei genitori) in modo che possano accompagnare i loro alunni in questi tempi difficili, alleviando l’ansia e senza forzature contenutistiche?

Tutti più o meno sono disposti ad ammettere che i bambini imparano molte cose fuori dal quadro dell’istruzione scolastica, ma non hanno fiducia nel fatto che i bambini possano imparare le cose “giuste” (lettura, scrittura, calcolo aritmetico) nel modo “giusto” e al momento “giusto”. Eppure, anche i bambini in un percorso di apprendimento autodiretto, che sono liberi di imparare secondo le proprie preferenze, tempistiche e modalità, prima o poi sono in grado di leggere, scrivere, far di conto. A patto che venga loro offerto libero accesso alle risorse culturali, un ambiente incoraggiante e ampia partecipazione alla vita quotidiana (e su questo ci sono ampi margini per reimmaginare il ruolo di genitori e insegnanti). E poichè imparano come gli è più congeniale e solo quando sono pronti, lo fanno con entusiasmo.

Il pericolo da scongiurare che sembra tormentare tutti, dalla Azzolina ai genitori, è far sì che i bambini non “restino indietro”. Indietro rispetto a chi esattamente? E rispetto a cosa? Al programma? Ma quale programma, dato che quello ministeriale non esiste più e che le Indicazioni Nazionali per il Curriculum del 2012 lasciano ampi margini di flessibilità? Non esiste nessuna norma biologica che determini che un bambino all’età X debba sapere tutte le tabelline, o che debba cominciare a leggere entro l’età Y. I bambini imparano spontaneamente cose diverse ad età diverse, e non è una catastrofese un coetaneo impara una cosa prima di loro.

Indipendentemente dalle soglie arbitrarie entro le quali “dovrebbero” già sapere qualcosa, continueranno comunque ad imparare: è nella loro natura. “Indietro” peraltro rimarranno ancora più bambini se i contenuti “soglia” su cui si viene esaminati vengono somministrati in modalità non accessibili a tutti allo stesso modo (per disparità di computer, connessione, spazi domestici), se l’assimilazione più o meno forzata dipende dall’intervento dei genitori (che sono più o meno disponibili, in termini di tempo ed emotivamente, e più o meno preparati) e se questi contenuti sembrano avulsi dal contesto circostante. Un dialogo con chi è familiare con l’apprendimento spontaneo può rivelare che ci sono infinite, efficacissime vie all’apprendimento che si snodano nella vita di tutti i giorni, che non prevedono lotte sfiancanti tra i genitori e i figli sui compiti e le lezioni online ma che anzi tra genitori e figli creano condivisioni e inattese complicità, che non incatenano per ore allo schermo di un computer, che sono basate su un’etica di rispetto e fiducia nei bambini, che valorizzano le loro traiettorie individuali e i loro punti di forza e che soprattutto preservano intatta la loro curiosità e la loro gioia di imparare. Vie all’apprendimento che permettono di trasformare anche una pandemia in un’occasione per rallentare, riflettere, rivedere le priorità, condividere apertamente le paure, le ansie, le preoccupazioni e andare insieme alla ricerca di risposte.

La didattica a distanza con la sua frenesia contenutistica incalzante aggiunge inutilmente stress e sottrae tempi ed energie da investire in un percorso di formazione più autentico e gratificante, che ogni bambino se opportunamente supportato potrebbe intraprendere e percorrere da solo. L’impossibilità di tornare alla scuola com’era prima del Covid può aprire la strada alla creazione di una rete educativa diversa, se si supera quella colonizzazione dell’immaginario prodotta dalla scolarizzazione della società di cui parlava Ivan Illich».

Elena Piffero ha conseguito un dottorato in Cooperazione internazionale e politiche per lo sviluppo sostenibile all’Università di Bologna e ha lavorato come ricercatrice in Egitto, Israele e Inghilterra. Vive in un casolare nella campagna modenese con il marito e i tre figli, e si occupa di sostenibilità nella vita quotidiana.
È un’attivista sociale e ambientale con una forte convinzione: imparare vivendo e vivere per imparare costituisce un’avventura affascinante che arricchisce l’esistenza.

Elena Piffero è autrice del libro “Io imparo da solo” (Terra Nuova Edizioni).

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