C’è una scuola superiore a Firenze che ha imboccato una strada nuova, grazie al preside, Ludovico Arte. Una strada che “va incontro” ai ragazzi…
Uno dei grandi problemi di oggi è rappresentato dai numeri, sconcertanti, dell’abbandono scolastico nella fascia adolescenziale, cioè quando i ragazzi approdano alla scuola superiore. Per questa fascia di età la “proposta educativa” è rimasta ancora più al palo rispetto ad altri ordini e gradi di scuola ed è è sempre più evidente il disagio e lo scollamento tra approccio educativo ed esigenze dei giovani che mutano. A Firenze c’è però un istituto superiore, l’Istituto tecnico statale per il turismo Marco Polo, che sta tentando, non senza fatica e ostacoli, di “cambiare pelle e sostanza”. Come? Lo chiediamo al dirigente scolastico, Ludovico Arte.
Quando è arrivato all’ITT “Marco Polo” di Firenze com’era la situazione?
Sono arrivato all’ITT “Marco Polo” di Firenze l’1 settembre del 2012. Avevo appena superato il concorso da preside ed ero quindi alla mia prima esperienza. Ho trovato una scuola in crisi e con pochi iscritti. Una situazione anomala, considerando che si trattava dell’istituto turistico storico di Firenze e della Toscana, che hanno una evidente vocazione turistica. Ho deciso allora di porre con chiarezza un’alternativa: «Volete proseguire cercando di gestire l’ordinaria amministrazione o proviamo la strada di un profondo rinnovamento, sapendo però che la seconda scelta sarà molto impegnativa?». I docenti e gli Ata hanno accettato la sfida del cambiamento, incoraggiati anche dall’arrivo di una nuova Direttrice Amministrativa che da subito si è dedicata alla scuola con passione e competenza. Da lì è iniziata una storia che francamente credo abbia pochi precedenti. Dalle cinque sezioni di allora siamo arrivati alle diciassette di quest’anno, che abbiamo ridotto a tredici solo per mancanza di aule. Detto in altre parole, eravamo una delle scuole con meno studenti della provincia di Firenze ed ora siamo quella con più nuovi iscritti. Ma non è solo una questione di numeri. Negli anni il Marco Polo ha acquisito un’identità fortemente riconosciuta sul territorio, quella di una scuola innovativa e accogliente. Un’identità evidentemente apprezzata, considerando il numero di studenti e docenti che chiedono di venire da noi.
Cosa le ha dato spinta e motivazione per attivarsi con una prospettiva nuova?
Diciamo che vengo da un’esperienza di studente e di docente che mi ha portato a pensare che la scuola italiana non funziona. La considero vecchia per i contenuti, per gli approcci metodologici e per il modello educativo che propone. Credo che sia un pensiero in realtà molto condiviso. Ho deciso allora di mettermi in gioco e provare il concorso a preside perché in questi anni mi sono reso conto che il ruolo del dirigente scolastico può orientare in modo significativo una comunità scolastica, positivamente o negativamente. Una volta arrivato al Marco Polo ho provando così a fare il possibile per caratterizzarlo. Avevo in mente alcune direttrici da seguire, frutto della mia formazione e dei miei valori. Ma era importante adattarli al contesto in cui mi trovavo e condividerli con chi vive tutti i giorni a scuola: docenti, studenti, personale Ata, genitori. L’obiettivo che ci siamo dati è stato quello di interpretare il ruolo della scuola pubblica come una scuola di tutti, nella quale si danno risposte alle diverse esigenze di ogni studente. E, nel contempo, ci siamo proposti di offrire una scuola di qualità, con attività, progetti, strumenti che siano il più possibile all’avanguardia. Rompendo così l’immaginario diffuso di una scuola arretrata non al passo con i tempi. La scuola deve essere un luogo di innovazione e sperimentazione. Dobbiamo formare il futuro del Paese e, per questo, non possiamo replicare le impostazioni, i metodi e i contenuti che venivano proposti ai tempi dei nostri nonni. Non per un presupposto teorico diverso, ma semplicemente perché oggi non funzionano più, non favoriscono l’apprendimento dei nostri ragazzi.
Ha incontrato resistenze sul suo cammino?
Certamente quando si cambiano le cose qualcuno non è contento. Ho avuto però paradossalmente il vantaggio di aver preso una scuola in crisi, che quindi aveva poco da perdere e ha scelto di affidarsi al nuovo dirigente, pur senza conoscerlo. Una parte del cambiamento è avvenuto senza dubbio dall’alto, con tutti i pro e i contro del caso. Ma il successo della nostra scuola è un successo collettivo. Lo dico non per piaggeria nei confronti della mia scuola, ma perché ne sono convinto. Docenti, personale Ata, genitori e studenti si sono rimboccati le maniche facendo ben più del loro dovere. Hanno messo impegno e idee che sono stati determinanti per il raggiungimento dei risultati che abbiamo ottenuto. Naturalmente non tutti hanno contribuito allo stesso modo. E certamente qualcuno ha cercato di tirare il freno. Ma, con il passare del tempo, le resistenze e i conservatorismi si sono sempre più ridotti. Nuova linfa è arrivata poi dal personale della scuola che ha chiesto di trasferirsi da noi con l’intenzione chiara di partecipare ad un processo di rinnovamento di cui aveva sentito parlare e che condivideva. Hanno molto aiutato anche i risultati positivi che sono arrivati con l’aumento delle iscrizioni e l’apprezzamento delle famiglie e del territorio. A quel punto era difficile contestare una strada che stava dando frutti ben oltre le aspettative più rosee. E così abbiamo potuto andare avanti veloci, dandoci via via nuovi traguardi, nuove sfide.
La sua è una esperienza di cambiamento voluto, è il tentativo di inserire un paradigma differente nell’attuale sistema educativo-scolastico che per certi versi comincia a risultare asfittico e limitante per molti. Cosa è avvenuto in questi cinque anni di presidenza dell’istituto?
Provo a elencare come ci siamo mossi in questi anni e le tante innovazioni che abbiamo introdotto. E cerco di spiegare lo spirito con cui tutto è avvenuto. Quando sono arrivato al Marco Polo ho cercato di capirne il contesto. Naturalmente mi avevano già parlato della scuola, sostanzialmente presentandomela come una macchina dalle grandi potenzialità che, per una serie di ragioni, stava marciando al minimo. Però ho voluto sentire le “voci di dentro”. Ho quindi cominciato un giro di ascolto con tutti i soggetti della scuola. Con gli studenti ho fatto una cosa che mi è stata molto utile. Ho chiesto agli insegnanti di segnalarmi un po’ di ragazzi “svegli”. Li ho messi in un’aula e li ho invitati a dirmi perché si erano iscritti, in cosa le loro attese erano state confermate e in cosa deluse e cosa pensavano della scuola. E i ragazzi hanno detto cose molto precise sulla scarsa tecnologia presente, sulle poche opportunità di andare all’estero, sull’inadeguatezza delle attività formative proposte. Anche in base a quelle indicazioni è partito un rapido e forte processo di innovazione. Con azioni concrete, che hanno seguito alcune direttrici.
La prima: L’innovazione tecnologica. In questi anni abbiamo cablato tutta la scuola e messo la rete wireless. Abbiamo quindi una doppia copertura di rete. Poi abbiamo rinnovato il sito Web rendendolo moderno e funzionale e successivamente attivato il registro elettronico e una app della scuola che consentono di visualizzare voti, assenze, compiti, lezioni in tempo reale sia su PC che sul telefonino. Abbiamo installato lavagne multimediali in tutte le aule, rinnovato i laboratori, acquistato strumenti multimediali moderni come i videoproiettori interattivi. Nelle prossime settimane avremo a disposizione dispositivi per la realtà aumentata. Abbiamo anche offerto la possibilità di avere a disposizione gratuitamente Office e una mail Google per tutti gli studenti e gli insegnanti. Tutto questo ha consentito molte cose, fra le quali la condivisione di materiali didattici, i collegamenti via Skype da casa con studenti in malattia o con scuole all’estero, la prenotazione online dei ricevimenti generali delle famiglie.
La seconda: l’ampliamento dell’offerta formativa. Abbiamo arricchito molto le attività didattiche e formative della scuola. Facciamo corsi di cinese e russo pomeridiani, molti laboratori teatrali in italiano e lingua straniera, corsi di animazione turistica, progetti sulla legalità, presentazione di opere d’arte in lingua straniera, corsi di fumetto, laboratori di murales, percorsi di pet-therapy e molte altre cose ancora. Svolgiamo le attività di alternanza scuola-lavoro collaborando con moltissime aziende sul territorio e realizzando stages in Italia e all’estero. Inoltre i ragazzi fin dal biennio vanno all’estero con diverse soluzioni: viaggi di istruzione, soggiorni studio, stages, mobilità Erasmus o scambi linguistici.
La terza: l’accoglienza. Il Marco Polo ha fatto dell’accoglienza un elemento qualificante della propria azione educativa. Abbiamo cercato di praticare la “politica della porta aperta”, ascoltando tutti e lavorando molto sulle relazioni. Poi abbiamo investito sulle figure di aiuto. Abbiamo contratti con cinque psicologi, una nutrizionista, una tutor dell’apprendimento che fanno attività di sportello con ragazzi e adulti, corsi di formazione per genitori, interventi nelle classi e molto altro. Poi due educatori durante la ricreazione stanno con i ragazzi per intercettare altre situazioni di disagio e offrire forme di supporto. Infine abbiamo lavorato sulla peer education. Alcuni ragazzi di quarta, formati dagli psicologi, diventano tutor: accolgono i ragazzi delle classi prime, presentano loro la scuola, li aiutano a fare le assemblee e poi svolgono un servizio di supporto in molte attività. Va segnalato inoltre lo studio assistito, grazie al quale alcuni studenti più grandi aiutano i più piccoli a fare i compiti e noi riconosciamo a loro una somma significativa che scalano dal costo dei viaggi all’estero. Ci sono poi contributi per le famiglie in difficoltà e una serie di attenzioni per gli studenti con disagi psicologici e socio-familiari, grazie anche a una forte collaborazione con i servizi sociali. La centralità dell’accoglienza viene realizzata anche attraverso scelte educative precise. Ho preso pubblicamente posizione contro i cani antidroga a scuola perché intendiamo privilegiare l’approccio educativo su quello repressivo. E pensiamo che l’educazione si fa dialogando con i ragazzi, non spaventandoli o umiliandoli.
La quarta: gli spazi di apprendimento. Il Marco Polo ha fatto anche alcune operazioni forti sugli spazi, nella convinzione che l’ambiente incida fortemente sulle relazioni e sui processi di apprendimento. Abbiamo scritto l’incipit di un racconto sui muri della scuola e realizzato la LiberaMente, uno spazio con cento sedie attaccate a parete e poi i pouf, tavoli che si montano e si smontano, un videoproiettore interattivo, tablet e un soffitto che cambia colore con il telecomando. L’idea che sta alla base è che si tratti di uno spazio che studenti e insegnanti possono adattare alle proprie esigenze didattiche o al proprio stato d’animo. E’ l’idea che la scuola non ti è data, ma che è flessibile e puoi organizzarla come vuoi. Poi i ragazzi hanno fatto un laboratorio con Comics e espresso una loro idea del futuro su una parete. Un’altra operazione è stata fatta in aula docenti e in un’aula riunioni. Abbiamo messo il parquet, lo abbiamo decorato, abbiamo creato una scenografia legata al viaggio, abbiamo dipinto i tavoli e messo dei salottini. E’ nata un’ambientazione suggestiva, che rimanda l’idea di una scuola che può essere bella e comoda. In altri spazi abbiamo fatto altre operazioni, tutte finalizzate a creare un contesto accogliente, che promuove il benessere di studenti e insegnanti.
La quinta: la sburocratizzazione. Abbiamo lavorato molto sulla semplificazione delle procedure, cercando di rendere più semplice la vita di ragazzi, genitori, insegnanti e personale Ata. Un esempio: abbiamo abolito il libretto delle giustificazioni. Non condividiamo intanto il principio per cui una famiglia debba giustificare alla scuola il motivo delle assenze. E poi, per quanto riguardo la verifica che il genitore sia a conoscenza delle assenze del figlio, con il registro elettronico è tutto superato. Le famiglie hanno accesso in tempo reale a tutta la sua vita scolastica per cui non c’è più bisogno di tenere in piedi uno strumento costoso e farraginoso come quello del libretto delle giustificazioni.
Come dare una spinta nuova al modello educativo sul quale la scuola italiana soffrendo e sta in parte naufragando? E’ più facile che il cambiamento sia promosso dal basso, dalle singole scuole o che arrivi dall’alto, da interventi centralizzati?
Mi auguro sempre che dall’alto vengano attivati processi di cambiamento. Ma avviene raramente. Più spesso arrivano molestie burocratiche di mille tipi. Credo che sia più facile che i processi di innovazione partano dal basso. Ci sono molte belle esperienze di scuola e tante persone che mettono intelligenza e passione nell’educazione. Bisognerebbe conoscerle e valorizzarle di più. Secondo me la prima azione di cambiamento dovrebbe essere quella di darsi un’identità e avere il coraggio di fare precise scelte educative. Cosa che non avviene spesso. Dovremmo poi ricordarci che la scuola pubblica è il luogo di tutti: adulti e ragazzi, ricchi e poveri, italiani e stranieri, dotati e meno dotati. E’ quindi un laboratorio di convivenza civile, particolarmente prezioso in questo momento di forti conflitti e divisioni nella società. E’ soprattutto questo il senso del lavoro che stiamo facendo al Marco Polo. Proporre una scuola di qualità, dove si insegna e si impara volentieri perché ci si prende cura delle persone.